Margherita srl: CarneluttiLaw Firm ha seguito il Fondo di private equity svizzero Invision AG nell’operazione di levereged buy-out relativo al 100% del capitale sociale di Margherita S.r.l., produttrice di prodotti surgelati da forno, che opera prevalentemente quale fornitore di supermercati. Per Grant Thornton ha agito un team composto da Stefano Marchetti, Alberto Alverà e Edoardo Dell’Acqua per le attività di Financial Due Diligence e da Gianni Bitetti e Mattia Tencalla per le attività di Tax Due Diligence e Tax Structuring. Il closing si è potuto organizzare grazie al pieno utilizzo delle tecnologie in uso negli studi, che hanno permesso di svolgere le procedure in modalità telematica e quindi da remoto, nell’assoluta sicurezza di tutte le persone coinvolte.

I migliori Avvocati e i migliori Studi Legali Corporate 2020: Il rapporto Paying Taxes 2020 della Banca Mondiale ha rilevato che il livello di tassazione degli utili aziendali in Italia è arrivato al 59,9% e occorrono più di 2 3 8 ore per espletare i 14 adempimenti fiscali previsti. Il fiscale è un elemento strategico per le aziende sia per l’ordinaria amministrazione sia per operazioni straordinarie. La sezione analizza il posizionamento dei principali studi legali per le aree del corporate tax, iva e indirette e per la gestione degli aspetti fiscali nelle operazioni straordinarie, tra gli studi selezionati anche Bernoni Grant Thornton (Milano – Roma).
Nomine: sono stati confermati quattro amministratori delegati uscenti delle società più importanti: Claudio Descalzi all’Eni, Alessandro Profumo a Leonardo, oltre a Francesco Starace all’Enel e Matteo Del Fante a Poste Italiane. Sono anche le tante critiche circa l’inadeguata rappresentanza di donne tra le aziende quotate quindi soggette alla legge Golfo-Mosca, riproposta a gennaio aumentando dal 30 al 40% i posti spettanti al «genere meno rappresentato ». Finora, dei 14 nomi noti, le donne sono cinque, il 35,7% del campione.

CORONAVIRUS NEWS
PRONTI PARTENZA?
Nuovo modello di lavorare: Scrivanie distanziate, percorsi tracciati e prestabiliti per evitare di incontrarsi, schermi di plexigas per proteggersi dietro alla scrivania ed entrate contingentate. Il modo nuovo per affrontare la socialità in ufficio sarà la cifra che contraddistinguerà i prossimi mesi, fino all’arrivo dell’agognato vaccino contro il coronavirus. Ma le innovazioni, e la paura del contagio che resterà a lungo, cambieranno per sempre spazi e modi di lavorare? È la domanda sulla quale ci si interroga per tracciare nuove traiettorie nella realizzazione degli uffici e nella riqualificazione degli esistenti.
Frenata nell’immobiliare: L’innovazione preme sugli investimenti e sulle locazioni. La pressione creata dalla pandemia è già stata registrata nei numeri degli uffici del primo trimestre 2020, a causa di un mese di marzo a impatto zero. Secondo i dati elaborati da Cushman & Wakefield i volumi dei primi tre mesi dell’anno hanno superato 1,7 miliardi di euro (compresa la transazione indiretta relativa all’acquisizione da parte di Unicredit di immobili Esselunga) con un settore uffici con volumi di investimento a quota 524,4 milioni di euro contro 906 milioni dello stesso trimestre 2019. L’80% circa di questi volumi si è concentrato nella città di Milano. Oggi completamente ferma su tutti i fronti, dai cantieri relativi alle torri in via di realizzazione. La frenata dei volumi di investimento da gennaio a marzo 2020 incorpora l’incertezza sulla diffusione della pandemia e sull’impatto che avrà sul settore immobiliare. La crisi potrebbe mordere, invece, con maggiore accanimento il coworking. Gli esperti sono concordi nel dire che molti non avranno voglia di lavorare fianco a fianco con sconosciuti.
Ipotesi per riapertura negozi: È stata fissata un misura standard per i negozi: «Per locali fino a quaranta metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori. Oltre i 40 metri quadri l’accesso sarà regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita». L’erogatore del disinfettante dovrà essere sistemato alle casse. La pulizia dovrà essere programmata prima dell’apertura e durante la pausa. I dipendenti dovranno indossare la mascherina, i clienti che acquistano generi alimentari dovranno utilizzare i guanti.
Immuni: Il tema è delicato, perché incrocia la tutela della privacy e l’efficacia dei controlli decisivi per la fase 2, cioè per la riapertura del Paese. Immuni è la app scelta dal governo per tracciare i contatti delle persone contagiate, in modo da contenere gli effetti di un’eventuale seconda ondata. Per essere utile alla causa dovrà essere scaricata almeno dal 60% della popolazione. Altrimenti i contatti mappati, nel rispetto della privacy delle singole persone viste che tutte le informazioni sarebbero anonimizzate, non sarebbero sufficienti a tenere sotto controllo la situazione. Per questo serve un incentivo che spinga il maggior numero possibile di italiani a scaricare la app sul proprio telefonino che potrebbe prendere la forma di un braccialetto per le persone anziane, poco abituate agli smartphone ma più esposte a rischi del Covid 19. Un’idea per l’incentivo potrebbe essere quella di lasciare che la possibilità di scaricare la app, o indossare il braccialetto, resti volontaria. Come del resto già chiarito dal Governo. Ma prevedere che per chi sceglierà di non scaricarla, restino delle limitazioni nella mobilità. Cosa si intende di preciso con limitazioni alla libertà di movimento resta ancora da chiarire.
Lavoro: Prima di iniziare il lavoro i dipendenti dovranno passare al Termoscanner. Le aziende dovranno avere un medico a disposizione che potrebbe essere quello «di contenimento», oppure rivolgersi alla Asl in modo che ci sia una vigilanza costante e anche la possibilità di avere assistenza in caso di contagio e dunque se è necessario effettuare i tamponi. Dovrà essere garantita la distanza di almeno un metro tra le postazioni e si dovrà privilegiare il lavoro in smart working. Se questo non è possibile si dovranno organizzare fasce orarie di entrata e di uscita per limitare le presenze.
Trasporto: Ci sono tre opzioni per alleggerire il trasporto pubblico di cui si sta ancora discutendo. La prima prevede l’apertura delle Zone a traffico limitato (Ztl) in modo che vengano favoriti i trasferimenti di singoli cittadini con mezzo proprio. La seconda punta al potenziamento delle corse di autobus e metropolitane perché si potrà stare soltanto seduti e per garantire il distanziamento i posti dovranno essere alternati. Infine, la terza ipotesi: allestire aree di scambio dove si arriva con il mezzo proprio e poi si utilizzano bici e auto in servizio sharing con prezzi calmierati.
Ipotesi per riapertura locali: Ristoranti e bar sono in fondo alla lista delle riaperture. Dovranno garantire la distanza di un metro al bancone e di due metri ai tavoli, anche all’aperto. Il personale dovrà indossare guanti e mascherine. Per aiutare il settore che rischia di subire gravi danni economici si è deciso di programmare una riapertura anticipata affiancando le consegne a domicilio alla possibilità di preparare cibi da asporto. In ogni caso — sia con l’ordinazione al telefono o direttamente nel locale — bisognerà prevedere percorsi di ingresso e accessi scaglionati per il ritiro della merce.
Milano Orari e metrò: Il sindaco Sala: bisognerà che tutti cambino gli orari, Blocco del metrò oltre un certo numero per ridurre al 30% la capienza nelle ore di punta
Danni e aumento vendita alimentare al dettaglio:
• L’Italia comincia a fare la conta dei danni da Coronavirus. La prima fotografia dei dati l’ha fatta il Centro Studi di Confindustria (CsC): a marzo, primo mese di lockdown, la produzione industriale è precipitata del 16,6% rispetto a febbraio. Si fa ancora fatica a stimare gli effetti di uno shock generalizzato che coinvolge sia l’offerta sia la domanda.
• Secondo i calcoli dell’Istat sono rimaste ferme metà delle imprese presenti in Italia: il 49% del totale, ovvero 2,2 milioni, che danno lavoro a 7,4 milioni di persone (di cui 4,9 milioni dipendenti). Per quel che riguarda l’altra metà l’Istat ha presentato alla commissione Bilancio del Senato i conti aggiornati: sono rimaste aperte 2,3 milioni di imprese (il 51 % del totale), con 9,3 milioni di addetti di cui 6,8 milioni dipendenti. Queste imprese nel 2019 hanno rappresentato un fatturato di 1.373 miliardi (57,4%), un valore aggiunto di 464 miliardi (59,3%) e un valore delle esportazioni di 146 miliardi (35%). In generale, su 23,3 milioni di occupati totali, circa 16 milioni sono rimasti al loro posto, in quei settori di attività ancora attivi. Una sorta di zoccolo duro del Pil italiano.
• Lo smart working ha aiutato parecchie di queste attività a mantenere il livello produttivo (tutto il settore della pubblica amministrazione, banche, assicurazioni, informazione). Ci sono poi alcune aziende che si sono parzialmente riconvertite nella produzione di mascherine, disinfettanti o componenti di ventilatori polmonari.
• Altre aziende sono state autorizzate a lavorare in deroga perché producono beni funzionali ai «settori essenziali» rimasti aperti, come i produttori di componenti che servono nell’industria medicale. Ma queste imprese possono lavorare solo per la quota relativa alla fornitura alla filiera cui appartengono, e non al 100% della capacità.
• In questo scenario tremendo, secondo i dati diffusi da Confcommercio, relativamente alle vendite al dettaglio rispetto allo stesso mese del 2019. Il comparto alimentare ha registrato un +9,6%, perché le famiglie hanno mangiato di più a casa e hanno fatto scorte di cibo; più 4% la vendita di prodotti farmaceutici e terapeutici; più 8% i servizi di telecomunicazione, dato che internet è l’unico mezzo che consente di lavorare da casa e di restare in contatto con parenti e amici. Solo chi lavora e produce in questi settori nel 2020 potrà dire di averla scampata. Ma ancora non è detto: serve che a maggio si esca dall’emergenza sanitaria, che ci sia una ripartenza graduale durante l’estate e che gli Stati investano massicciamente per stimolare la ripresa.
Luciano Fontana ( direttore Corriere della Sera): è molto facile dire agli italiani (e al resto degli abitanti del pianeta) che non devono perdere serenità e che «andrà tutto bene». E’ anche giusto. Perché senza il coraggio e la speranza di trovare al più presto una via d’uscita questa battaglia non si combatte. La fiducia deve però basarsi prima di tutto sui dati di fatto e non sulle illusioni. Guardare in faccia la realtà è una buona medicina per individuare quali sono le cose che possono darci speranza. Intanto abbiamo affrontato, quasi tutti e con rare eccezioni, disciplinatamente questa prova. Non era scontato. Ora la stessa serietà credo sapremo averla nella ripartenza per evitare di tornare nell’incubo della diffusione del virus. Abbiamo poi capito quanto siano importanti scienza e competenza; sono sicuro che in tempi brevi i nostri esperti sapranno trovare una cura per la malattia come hanno fatto per tantissime altre.
Rezza /epidemiologo e direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità): «Due mesi dopo quel 20 febbraio, l’Italia sta decisamente meglio». Lo dicono tutti gli indicatori: diminuiscono i nuovi casi, c’è meno pressione sugli ospedali e il famoso R0, l’indice di contagio, che nelle prime fasi dell’epidemia era superiore a 3 (ogni infetto contagiava in media più di tre persone, ndr ) oggi è di poco inferiore a uno». Nonostante tutto, il coronavirus si può battere. È molto insidioso, perché si trasmette facilmente con l’aerosol e la sua massima contagiosità si ha prima della comparsa dei sintomi. Eppure, con un rigoroso contenimento si può contenerne la diffusione. Il problema è che il distanziamento sociale non è un provvedimento indolore, ha costi psicologici ed economici. E’ giusto voler tornare alla normalità, soprattutto per chi sta soffrendo economicamente. Però è anche giusto continuare a essere preoccupati, occorre agire sul territorio per identificare tempestivamente qualsiasi focolaio, perché il virus continuerà a circolare».

Il piano Ursula Von der Leyen : Almeno mille miliardi da raccogliere sui mercati con bond europei gestiti dalla Commissione, da versare ai Paesi più colpiti dalla pandemia in parte sotto forma di aiuti a fondo perduto, in parte come prestiti a tassi contenuti da rimborsare non prima di 20 anni. Prende forma il piano con il quale Ursula von der Leyen spera di mettere d’accordo i leader dell’Unione in occasione del video summit di giovedì prossimo. I governi sono spaccati sugli strumenti per rilanciare l’economia europea depressa dal Covid 19: da un lato il fronte della solidarietà guidato da Francia, Italia e Spagna, dall’altro i paesi contrari alla mutualizzazione del debito, ovvero Germania, Olanda, Austria, Svezia, Finlandia e Danimarca. Proprio in ragione di questo scontro, probabilmente von der Leyen non presenterà il progetto prima del summit. Lo esporrà direttamente ai leader giovedì. Se otterrà il via libera, il 29 aprile pubblicherà le sue proposte.

Germania e il mercato dell’auto: Senza l’Italia, la Germania può solo ripartire a ranghi ridotti. Almeno, nel settore cruciale dell’auto. Non è un caso che il capo di Volkswagen abbia fatto capire ad Angela Merkel di essere un sostenitore degli Eurobond. In una recente intervista aveva già dichiarato che occorresse “discuterne”. Finché l’Italia e la Spagna, i Paesi più flagellati dalla crisi, non riavvieranno le fabbriche, la Germania potrà solo procedere a un ritmo rallentato. E l’auto tedesca, che nel Paese di Angela Merkel impiega 880 mila persone, ha una grande fretta di uscire dal letargo.
Sono ben 800 i fornitori dall’Italia che garantiscono al gruppo Volkswagen circa 19 mila pezzi per le sue controllate Vw, Porsche o Audi o Skoda e le altre.

Liechtenstein: Braccialetti biometrici distribuiti alla popolazione per scoprire in tempo reale eventuali contagi e contenerne la diffusione. È questo il progetto pilota con un primo test sul cinque per cento dei residenti. Se avrà successo, il modello sarà replicato su tutti i cittadini in autunno, quando secondo le autorità del Principato sarà altamente probabile una seconda ondata pandemica.

Finanziamento Eu:
• Mettiamoci l’anima in pace. Alla fine, l’Italia, i finanziamenti del Mes li chiederà. Perché ha un disperato bisogno dei 36 miliardi che il Meccanismo europeo di stabilità può garantire in tempi relativamente veloci. E perché le conviene. Permetterebbe allo Stato italiano un risparmio annuo sulla spesa per interessi sul debito di circa 400 milioni di euro rispetto all’emissione di normali titoli di stato. Il Mes infatti ha un rating a tripla A e si finanzia sul mercato con un tasso a dieci anni dello 0%, contro il 2% dell’Italia. E comunque gli Eurobond sono solo una chimera, non essendo compatibili con il trattato europeo. Al momento, l’unico requisito per accedere alla linea di credito è l’impegno a utilizzare le risorse per sostenere il finanziamento interno dei costi diretti e indiretti dell’assistenza sanitaria, delle cure e della prevenzione dovuti alla crisi della Covid-19. Ma è possibile che, in caso di difficoltà nella restituzione delle somme erogate, i beneficiari potrebbero in futuro essere vincolati a nuove «riforme strutturali», o addirittura a un percorso di austerità, rimessi al gradimento di Bruxelles.
• Bisogna comunque ricordare che i meccanismi di sostegno che dovrebbero essere messi a punto il 23 aprile prevedono tre diversi sistemi di finanziamento e un piano di rilancio per l’economia, tutto ancora da scrivere. Dei primi fanno parte il programma Sure (il sostegno alla cassa integrazione dei paesi membri), l’allargamento dei prestiti della Banca europea per gli investimenti (Bei) alle imprese, l’attivazione delle linee di credito del Mes, concesso per far fronte alle spese sanitarie. Strumenti che, almeno sulla carta, varrebbero 540 miliardi di euro, un terzo delle risorse necessarie per affrontare la crisi, secondo stime fatte dalla stessa Bei (1.500 miliardi). Infine si sta ragionando su un Fondo temporaneo per la ripresa, «commisurato ai costi straordinari dell’attuale crisi», che dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, muovere risorse per ulteriori 500/1.000 miliardi. Ma qui i tempi sembrano piuttosto lunghi. A questi strumenti si aggiunge il Qe pandemico, denominato Pepp (Pandemic emergency purchase programme), che arriva fino a 750 mld di euro di acquisti di titoli di stato aggiuntivi. Il piano durerà fino a fine 2020 e ha l’obiettivo di tenere basso lo spread.
M&A:
• Il Coronavirus ha infettato anche il dinamico mercato dell’m&a. È quanto emerge dal report relativo al 1° trimestre 2020 di Mergermarket. Dopo quasi dieci anni di crescita, l’attività globale di fusioni e acquisizioni nella prima parte dell’anno è diminuita del 39,1% rispetto al dato 2019, a 563,7 miliardi di dollari con 3.685 transazioni. Nel complesso il valore e il numero di operazioni sono paragonabili a quelli del primo trimestre del 2008 (592,3 miliardi di dollari su 3.744 transazioni). Un dato che fa riflettere su quello che potrebbe essere l’effetto Covid-19 nel prosieguo dell’anno.
• In Italia, nel primo trimestre si è iniziato a registrare una flessione dell’attività di M&A. Sono state 89 le operazioni portate a termine per un controvalore di 10,3 miliardi di dollari. La parte del leone l’ha avuta l’offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, dal valore di 5 miliardi di euro, che rappresenta l’ultimo accordo nel consolidamento bancario in corso in Italia. Per quanto riguarda invece investimenti stranieri in Italia, sono state registrate, a marzo, solo 6 operazioni da 2,6 miliardi di dollari.
Fiscalita’:Diventa sempre più evidente che serve una fiscalità adatta alla crisi innescata, con incentivi che favoriscano l’apporto di capitale cosi da controbilanciare la crisi di liquidità, senza far crescere i debiti, ma anche una semplificazione dei canali di finanziamento alternativi alle banche, a partire dai bond e la possibilità di applicare il bonus aggregazioni a tutti i tipi di operazione. Il tutto tramite misure stabili nel tempo. Tra le misure allo studio anche un potenziamento delle compensazioni e un intervento sui bonus.
Miani (Presidente del Consiglio dei dottori Commercialisti): un eventuale obbligo di sanificare gli ambienti due volte al giorno, può comportare costi superiori ai benefici della riapertura. Le videconferenze saranno un lascito di questo periodo cosi come il lavoro a distanza, la consapevolezza che di fronte a contraccolpi simili sono gli studi piccoli a soffrire di più e che studi associati e processi di aggregazione pagano”.
Attività Autorita’ Amticorruzione: Nell’aggiornamento delle linee guida l’autorità anticorruzione ha chiarito come l’introduzione di una procedura per la segnalazione di illeciti coinvolga tutte le Amministrazioni pubbliche, tenute all’adozione di norme sulla prevenzione della corruzione nella PA, tra le quali rientrano anche gli Ordini professionali. Sebbene la questione non sia stata finora trattata in ambito deontologico, alcune professioni (commercialisti, avvocati e notai) hanno promosso l’avvio di un protocollo interno per la tutela del whistleblower.Il consiglio Nazionale dei commercialisti ha adottato una procedura informatizzata specifica, una piattafrorm raggiungibile attraverso il sito web del consiglio. Anche gli ordini territoriali si sono mossi in autonomia utilizzando piattaforme ad hoc.
Tecnologia: Per le aziende e le amministrazioni pubbliche questa crisi è come un elettroshock che costringe a bruciare le tappe della modernizzazione. Chi non sta al gioco rischia di essere vittima di una spietata selezione di specie.
Vecchio Amaro del Capo- Come ripartire: Oggi il gruppo Caffo 1915, custode e produttore dell’antica ricetta centenaria a base di 29 erbe infuse, bevanda alcolica nel frattempo divenuta un brand che punta a oltre dieci milioni di bottiglie nel 2020, è entrato a gamba tesa proprio in quella tradizione. Ha infatti acquisito lo storico marchio olandese Petrus, l’«amarissimo che fa benissimo», per citare un altro famoso claim. «Uno scatto d’orgoglio in un momento difficile per il nostro Paese — dice Sebastiano, detto Nuccio, Caffo, amministratore delegato dell’azienda che guida con il padre, Giuseppe, presidente —. Vedo tante imprese che si stanno ingegnando e riconvertendo per far fronte alla crisi. Spero che questa nostra mossa sia di ispirazione per ripartire, dando sfogo al nostro saper fare e alla nostra italianità. Dimostriamo che l’Italia può farcela».
Moda e Lusso:
• Da Prada hanno deciso che la mensa resterà chiusa, e per questo hanno cambiato i turni di lavoro: chi è di mattina uscirà un po’ prima e andrà a pranzo a casa e chi è di pomeriggio arriverà un po’ dopo, avendo già pranzato. Anche a Breganze, provincia di Vicenza, nella sede della Otb di Renzo Rosso, dove sono stati riaperti i magazzini prodotti finiti e materie prime e tutto è pronto per la rimessa in moto della prototipia, per il momento la mensa è rimasta chiusa anche se si ragiona su cosa fare: magari si può tenerla aperta ma su quattro turni. In Luxottica, nello stabilimento di Agordo (Belluno) ripartito il 14 aprile, la mensa è, invece, aperta con l’obbligo però, per chi la frequenta, di non sedersi ai tavoli in più di tre per volta, stando naturalmente alla distanza di legge.
• Le imprese della moda e del lusso, bloccate da un mese e mezzo, sono pronte a tornare sul mercato. Hanno fretta di farlo perché, mentre loro erano in pausa forzata, in altre parti del mondo, pur attaccate dalla pandemia da coronavirus, non si sono mai fermati del tutto. Per questo hanno, collegialmente, firmato un protocollo con il sindacato (tra la Confindustria moda guidata da Claudio Marenzi e le rappresentanze dei lavoratori Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltec-Uil). E, singolarmente, predisposto ciascuna il proprio piano, tenendo conto dell’attività che svolgono, del territorio in cui sono (diverso è essere in una grande città dove si devono prendere i trasporti pubblici o in una piccola dove l’unico mezzo possibile è l’auto, magari condivisa con un collega), oltre che dell’entità del contagio della propria regione. Sembra una piccola cosa, la mensa. Ma, presidi sanitari a parte (guanti, mascherine, gel igienizzanti, etc, di cui si sono riforniti), far ripartire le fabbriche dopo uno stop così violento e improvviso ha voluto dire guardarle come se fosse la prima volta. Nelle strutture e nell’organizzazione. Ragionando su ogni loro singolo elemento e spazio.
La medicina delle 4P: Un nuovo tipo di medicina si affaccia a seguito della pandemia, dovrà essere predittiva ( che grazie alle tecnologie big data consente di elaborare previsioni sui fattori di rischio), preventiva ( con il digitale che consente di mettere a sistema le informazioni più svariate per puntare alla prevenzione delle malattie, personalizzata (basata sulle caratteristiche individuali e il contesto in cui la persona vive e si cura) e partecipativa( con il cittadino chiamato a svolgere un ruolo attivo nelle decisioni che riguardano la sua salute condiviso con i professionisti della salute): siamo nel pieno di una stagione di cambiamenti.

Piero Bassetti, classe 1928, primo presidente della Lombardia. Federalista convinto. Riferimento civile per imprenditoria e politica. “Errore privilegiare la cura (ospedali) rispetto alla salute (il territorio). Diciamo che siamo bravi, ora ce lo ributtano addosso»

Personale Sanitario: sembrava un’operazione impossibile invece in un mese il Servizio Sanitario Nazionale è riuscito a reclutare oltre 20.000 tra medici, infermieri, e altri operatori sanitari da inviare nella battaglia del Covid 19: un piccolo rafforzamento e un recupero sui tagli effettuati negli ultimi dieci anni.